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Sempre più spesso veniamo contattate da risparmiatori che credevano di aver acquistato buoni fruttiferi ordinari e che scoprono invece di avere acquistato BUONI A TERMINE.
Vi ricordiamo che la differenza tra buoni ordinari e buoni a termine, quella pericolosa e che crea problemi, è la diversa scadenza.

Se infatti i buoni ordinari sono trentennali o ventennali, quelli a termine hanno una durata inferiore e a seconda dell’anno di emissione, scadono dopo 11 anni, 10 anni, dopo 7 anni o addirittura dopo 18 mesi dalla consegna.
IDENTICO, invece, per entrambi questi tipi di buoni è il termine decennale di prescrizione, trascorso il quale non si ha più la possibilità di riscuotere i soldi.
Ma cosa succede?
Spesso capita che l’investitore, sicuro di avere acquistato per esempio nel 1988 uno o più buoni ordinari, quando nell’anno 2018 si reca in Poste per chiederne il rimborso, scopre invece che quel buono aveva una scadenza, per esempio, di 11 anni.

Pertanto se la durata del buono è 11 anni e a questi aggiungiamo 10 anni  (che è il termine di prescrizione)  il risultato è un totale di 21 anni.

Il buono è quindi caduto  ampiamente in prescrizione …per cui ADDIO rimborso e addio soldi!

Questa cosa spesso è un’ingiustizia pazzesca, specie se consideriamo che i buoni postali vengono acquistati per lo più da piccoli risparmiatori che su quei soldi ci hanno buttato veramente sangue e sudore.

E proprio per questo motivo, alcuni anni fa il nostro Studio Legale ha portato davanti al Giudice uno di questi casi e nel 2016 il Tribunale di Cosenza, accogliendo le nostre tesi difensive, ha riconosciuto il diritto, delle proprietarie, ad ottenere il triplo del capitale investito e di superare la prescrizione.
Quella sentenza, che costituisce ancora oggi il punto di riferimento per i risparmiatori che devono andare in causa per problemi con buoni a termine, e che ha avuto, CON NOSTRO SOMMO PIACERE, una notevole diffusione in rete e addirittura sui QUOTIDIANI NAZIONALI COME LIBERO, riguarda però un buono sul quale era stato apposto un timbro illeggibile che non aveva dato la possibilità alle risparmiatrici di capire che si trattava di un buono a termine da riscuotere prima di trent’anni.

Ma i casi problematici in cui i risparmiatori rischiano di perdere i loro soldi con i buoni a termine sono anche tanti altri.
Per esempio, abbiamo ottenuto anche dei decreti ingiuntivi (alcuni non opposti) per buoni a termine sui quali era stato apposto per sbaglio un timbro diverso, rispetto a quello della serie di appartenenza, che indicava una durata diversa da quella effettiva e che aveva tratto in inganno i proprietari del buono.
E potremmo fare tanti altri esempi che abbiamo portato all’attenzione dei Giudici.
Ciò però che ci preme evidenziare (sapendo che tra chi ci segue ci possono essere anche Magistrati che magari a breve dovranno emettere una sentenza….non necessariamente in una nostra causa), è di stimolare la riflessione su alcuni elementi di ordine pratico che solitamente non riportiamo nei nostri atti giuridici perché diventa anche molto difficile difendersi adeguatamente.
1) Una prima cosa che bisognerebbe prendere in considerazione, cari Giudici, è che è molto facile non accorgersi che il buono sia a termine, considerato che i moduli cartacei di questi buoni sono identici a quelli ordinari, cambia solo la scritta sul timbro.
2) E proprio perché all’apparenza i buoni si presentano uguali, molto spesso capita proprio agli impiegati – magari poco attenti – di confondersi e di consegnare un buono a termine alla casalinga o alla vecchietta che vanno sulla fiducia e che comunque non sarebbero in grado di capire la differenza ed accorgersi in tempo dell’errore.
3) E siccome si sa com’è la natura umana capita purtroppo anche di imbattersi in impiegati CHE O HANNO ESAURITO IN UFFICIO BUONI ORDINARI O SOFFRONO DI SIMPATIE E DI ANTIPATIE, sta di fatto che volutamente fanno sottoscrivere, agli ignari risparmiatori, buoni a termine anzichè ordinari.                                            E come si riesce a dimostrare, cari Giudici, in giudizio, una cosa del genere? SI LO SAPPIAMO, L’avvocato intanto deve essere molto bravo e molto competente in materia ma Voi dovete essere anche ben predisposti!
4) Così come può anche succedere (e parliamo sempre di casi veri di cui il nostro Studio ha accettato di assumere la difesa) di buoni a termine intestati dal genitore (nel frattempo deceduto) anche ad uno solo dei figli, magari il più grande, che però per una ragione qualunque, a torto o a ragione, abbia interrotto i rapporti con il resto della famiglia e che si rifiuti di andare in Poste per sottoscrivere l’incasso congiuntamente agli eredi MA che, così facendo, impedisce di fatto a tutti gli altri di incassare i buoni finchè non cadono poi definitivamente in prescrizione.
E potremmo continuare….
Ecco, è proprio per questi motivi che ci rivolgiamo a tutti i Magistrati, PREGANDOLI di pensare anche a questi particolari quando capiterà loro di decidere uno dei casi di prescrizione di buoni postali a termine.

Invece, ai risparmiatori CONSIGLIAMO di andare subito a controllare che siano ancora in tempo per riscuotere i loro buoni a termine. E nel caso riscontrassero questi problemi, consigliamo di compilare tramite l’apposito modulo che troverete sul nostro sito e di inviare  una breve descrizione dei fatti con la copia fronte retro dei buoni prescritti.
Nel giro di qualche giorno dovremmo essere in grado di verificare se ci sono i presupposti per portare il caso davanti ad un Giudice e chiedere il rimborso che viene invece negato all’ufficio postale.

In ogni caso, ISCRIVETEVI AL NOSTRO CANALE YOUTUBE e andate a vedere anche gli altri video sui buoni postali.

Nel frattempo, a tutela del vostro patrimonio, noi continueremo a pubblicare video, a scrivere articoli e a tenervi informati su questo e su altri argomenti.