Un caso sul controverso rimborso dei buoni fruttiferi postali

Nel 1995 il sig. Tizio (di anni 88) – su consiglio dell’impiegata dell’ufficio postale – intesta a sé ed al figlio Caio (con clausola di pari facoltà di rimborso) un buono fruttifero dell’importo di un milione delle vecchie lire. Nel novembre del 2009, Caio porta all’incasso il buono ma, con sua somma sorpresa, Poste Italiane oppone, ad impedimento del rimborso, la morte del padre avvenuta nel 2006 e, per tale motivo, gli prospetta (come condizione per poter procedere al rimborso) la necessità di presentare la dichiarazione di successione e della firma congiunta e simultanea degli eredi di Tizio.

In particolare, gli eredi di Tizio sono i due fratelli di Caio, Sempronio e Mevio. Dei due, il primo vive in America mentre il secondo, per antichi dissapori, da tempo ha interrotto ogni rapporto con la famiglia. E’ impensabile, pertanto, che i fratelli di Caio si presentino all’ufficio postale per consentirgli di riscuotere un buono di importo, peraltro, esiguo (o che comunque non vale il prezzo di un biglietto aereo, di andate e ritorno, dall’ America!).

Inutilmente Caio rappresenta la situazione in cui versa all’ impiegato e, finanche, al Direttore dell’Ufficio. Poste Italiane, rimane ferma nella propria posizione anche dopo che Caio spiega che, la dichiarazione di successione non è stata presentata in quanto, all’ epoca del decesso del padre, per legge, non era dovuta. In ogni caso, rileva Caio, incassare l’intero ammontare del buono non lederebbe i diritti dei suoi fratelli: il padre ha, infatti, predisposto per ciascuno di essi un buono fruttifero dello stesso importo. Prova ne è che Sempronio, nel 2007, presso lo stesso Ufficio postale, ha incassato il proprio senza incontrare alcun problema di sorta.

Tutto inutile. Ed a Caio non rimane altra alternativa che citare in giudizio Poste  Italiane, previo esperimento dell’obbligatorio tentativo di mediazione (al quale, la società convenuta, imperterrita, non presta adesione). Ma perché siamo convinte che il comportamento di Poste Italiane non sia conforme a legge?

  1. Intanto perché il senso (anche solo letterale) della norma da cui essa fa discendere il venir meno della clausola di pari facoltà di rimborso – nel caso di decesso di uno dei cointestatari del buono – è molto diverso da quello che la stessa, capziosamente, le attribuisce. A ben vedere infatti, tra le disposizioni di legge (anche speciali) che regolano il rimborso dei buoni fruttiferi postali, non ve n’è una che preveda che la morte del cointestatario del buono faccia venire meno la possibilità, per l’intestatario superstite, di incassare – a vista – il buono.
  2. Poi perché assolutamente inutile si profila (in qualunque caso e quindi non solo in quello del caso di Caio) la pretesa presentazione della dichiarazione di successione che ad altro non serve se non ad arrecare disagi, aggravio di spese e notevole dispendio di tempo ai risparmiatori. A comprova di tanto, ci limiteremo a riferire, in questa occasione, che i buoni fruttiferi postali sono beni che non vanno dichiarati: ergo, la richiesta – pensata ad arte – è del tutto arbitraria.
  3. Ancora, perché non corrisponde a verità neppure la circostanza secondo la quale i buoni fruttiferi postali rappresentano obbligazioni “indivisibili” per cui (parrebbe che) lo svincolo possa avvenire solo con quietanza simultanea e congiunta di tutti gli eredi del superstite. Al contrario, un’espressa norma prevede infatti che nel caso in cui uno degli “aventi diritto” non possa intervenire alla quietanza, la rispettiva quota venga fatta depositare (da Poste Italiane) su un apposito libretto intestato all’assente.
  4. Inoltre perché destituita di qualunque fondamento giuridico è anche l’eccezione secondo cui il cointestatario superstite non possa comunque procedere all’incasso del buono prima che lo stesso abbia raggiunto la massima fruttuosità. E’ vero infatti che i buoni fruttiferi postali possono essere incassati in qualunque momento. Unica condizione prevista in contratto è quella secondo cui, qualora l’incasso venga chiesto entro il primo anno di emissione del buono, verrà restituito il solo capitale senza alcun interesse.
  5. Infine perché, persone come noi che hanno scoperto l’arcano, lo studiano da quasi 2 anni e stanno cercando di portare all’attenzione dell’opinione pubblica questo nuovo “misfatto all’italiana”, sanno bene che non esistono ragioni giuridiche (ma solo interessi d’azienda) per negare agli ingenui risparmiatori di venire in possesso dei loro sudatissimi risparmi.