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Riassumiamo i concetti chiave veicolati nei precedenti POST per giungere alla ragionevole conclusione su quale sia il modo migliore per tutelare il diritto del possessore di buoni.

Nell’ordine:

  1. abbiamo spiegato di come sarebbe errato fare leva sulla sentenza della Cassazione n. 13979/07 per invocare tutela in tutti i casi di rimborsi parziali. Essa, infatti, vale per un numero limitato di (“fortunati”) risparmiatori ai quali gli impiegati postali hanno consegnato, potremmo dire, “buoni difettati” per un qualunque motivo specifico.
  2. Abbiamo chiarito che i vari possessori di buoni fruttiferi postali, sottoscrittori delle diverse serie investite dal problema della diminuzione degli interessi al momento del rimborso, non condividono – contrariamente alle apparenze – una identica “condizione giuridica”.
  3. Abbiamo anche detto che nel sistema di civil law, come quello italiano, la sentenza resa da un qualsiasi Giudice ordinario (che sia il Giudice di Pace, che sia il Tribunale, la Corte d’Appello o quella di Cassazione) è valida solo per le parti in causa nei confronti delle quali è pronunciata. Ciò significa che se Mario Rossi fa causa contro Poste Italiane e la vince, solo lui avrà diritto a percepire l’intero rimborso e non anche gli altri risparmiatori interessati al problema ma che sono rimasti “a guardare” senza invece intentare, anch’essi, causa contro Poste e far valere il proprio diritto.
  4. Abbiamo pure sostenuto che in Italia quando si ha la percezione che una legge non sia giusta, si può: o sollevare la questione di legittimità costituzionale; o stimolare il magistrato presso cui pende la causa, ad interpretare in modo più favorevole per il (in questo caso) risparmiatore, la data legge. In entrambi i casi, spetta sempre all’Avvocato difensore evidenziare nei propri atti le ragioni giustificative dell’una o dell’altra scelta. Per inciso, giunga chiaro che, per portare all’attenzione della Corte Costituzionale la legittimità di una legge, non è sufficiente presentare una semplice istanza ma bisogna condurre un preliminare studio dottrinario e giurisprudenziale notevole, con impiego di molto, molto tempo di lavoro (si parla anche di mesi di studio per questioni, come la nostra, particolarmente difficili). Questo è per dire che la scelta di intraprendere l’una o l’altra strada non può dipendere dal lancio della monetina!
  5. Abbiamo poi spiegato che se gli Avvocati specialisti in materia, con le loro articolate argomentazioni difensive, riescono a convincere il Giudice di turno adito che altra deve essere l’interpretazione di quella data norma, si va man mano costituendo un’onda, un orientamento positivo che rende sempre più facile conseguire la vittoria al successivo risparmiatore che intenta la causa in sede giudiziaria.
  6. Ed abbiamo infine esternato quali siano le ragioni per le quali non è utile né opportuno pensare di promuovere o aderire ad un’Azione Collettiva (altresì detta Class Action).

Che cosa rimane allora da fare al risparmiatore realmente intenzionato a far valere il suo diritto?

Beh, in realtà, le alternative non sono tante. Di certo non deve aspettare che altri risparmiatori vincano le loro autonome battaglie. Tale strategia non servirà, per le ragioni sopra ribadite, ad avere indietro tutti i suoi soldi (quando questi gli spettano). Solo infatti chi dimostra il proprio diritto, vincendo la singola causa, conseguirà il rimborso totale dei buoni. Rischioso è poi aderire ad un’azione collettiva, verso la quale si è indotti da una sbandierata convenienza economica che, nella realtà dei fatti, non si ha assolutamente (sul punto si consiglia di consultare i tanti articoli pubblicati sul web).

E allora, diciamolo pure, la cosa più intelligente che resta da fare al risparmiatore che si sente danneggiato da un rimborso non adeguato alle aspettative, è quella di affidare lo studio del singolo caso che lo riguarda ad un Avvocato civilista esperto ma anche onesto che: a) sia veramente capace – per conoscenza, per esperienza e per impegno da profondere alla causa – di valorizzare ed esternare al meglio le ragioni del proprio Assistito; b) sia motivato a conseguire un risultato favorevole per rafforzare, anziché abbassare, la propria consolidata reputazione; c) non accetti l’incarico per speculare economicamente sul Cliente ma abbia bene in mente che la sua missione è quella di portare un reale vantaggio anche per gli altri risparmiatori; d) abbia il coraggio di dissuadere il risparmiatore dall’intentare un’inutile (ed in questo caso, dispendiosa) causa, quando, per quel singolo caso, non c’è alcuna seria possibilità di vincere.